Demenza frontotemporale: quando cambiano prima il comportamento e la personalità
Di fronte a un cambiamento del comportamento e della personalità - un padre amorevole che inizia a dire frasi offensive senza motivo, una donna sempre riservata che diventa improvvisamente impulsiva e disinibita - spesso si pensa a stress, depressione o burnout.
In realtà, in alcuni casi può trattarsi di demenza frontotemporale (DFT): una forma di demenza degenerativa ancora poco conosciuta, che spesso insorge in persone ancora giovani, tra i 50 e i 70 anni e colpisce soprattutto la personalità, il linguaggio e la capacità di regolare le emozioni, lasciando intatta la memoria nelle fasi iniziali.
Che cos’è la demenza frontotemporale
La DFT è un gruppo di malattie neurodegenerative che interessano i lobi frontali e temporali del cervello, responsabili del comportamento sociale, del controllo delle emozioni, del linguaggio e delle funzioni esecutive.
A differenza dell’Alzheimer, la demenza frontotemporale può iniziare con cambiamenti marcati nel comportamento e nella personalità, mentre la memoria episodica può restare inizialmente conservata.
Le tre principali varianti cliniche:
Variante comportamentale (bvFTD) – la più frequente
Variante semantica (svPPA) – perdita progressiva del significato delle parole
Variante non fluente/agrammatica (nfvPPA) – difficoltà nell’articolare il linguaggio e nella grammatica
Sintomi principali: oltre la memoria
I sintomi variano a seconda della variante, ma nella forma più comune — la variante comportamentale — si osservano spesso:
Cambiamenti della personalità: riduzione dell’empatia, perdita del senso sociale, comportamenti impulsivi o inappropriati
Disinibizione: atteggiamenti fuori luogo, riduzione del controllo emotivo e sociale
Comportamenti ripetitivi e stereotipati, rigidità mentale e interessi ristretti
Alterazioni del linguaggio: difficoltà a trovare parole, discorsi poco coerenti, mutismo progressivo
Scarsa consapevolezza del cambiamento: il paziente spesso non si rende conto del proprio comportamento
A differenza dell’Alzheimer, la memoria, nelle prime fasi, non è coinvolta, rendendo la diagnosi più complessa.
Un impatto profondo sulla famiglia
La DFT può essere devastante per i familiari, spesso più dell’Alzheimer, perché la persona amata sembra “cambiare carattere” in modo improvviso e inspiegabile.
I partner e i figli si trovano ad affrontare comportamenti inappropriati e una crescente difficoltà di relazione
Possono emergere frustrazione, rabbia, senso di vergogna e isolamento
Molti caregiver raccontano di avere la sensazione di “perdere la persona” molto prima delle fasi avanzate
Un aspetto particolarmente delicato è la diagnosi tardiva: molti pazienti passano anni tra psichiatri e psicologi prima che venga individuata la causa neurologica.
Diagnosi: servono competenza ed esperienza
La diagnosi precoce della demenza frontotemporale è fondamentale per evitare fraintendimenti e per pianificare assistenza e supporti adeguati. Serve:
Un’anamnesi dettagliata, focalizzata sui cambiamenti comportamentali riferiti dai familiari
Test neuropsicologici mirati alle funzioni frontali e linguistiche, non solo alla memoria
Neuroimaging (RMN, PET), utile per rilevare atrofie nelle aree frontali e/o temporali
In alcuni casi, test genetici (mutazioni MAPT, GRN, C9orf72) – circa il 20–30% dei casi ha origine familiare
Trattamento e supporto
Non esistono ancora cure risolutive per la DFT, ma diverse strategie possono aiutare a gestire i sintomi e a migliorare la qualità della vita:
Farmaci sintomatici, come antidepressivi per apatia o comportamenti compulsivi, e antipsicotici con cautela, solo se necessario
Terapie logopediche nelle varianti linguistiche, per mantenere più a lungo possibile la comunicazione
Supporto psicologico e psicoeducazione ai caregiver, per gestire i cambiamenti comportamentali
Interventi ambientali: routine semplici, comunicazione chiara, riduzione degli stimoli stressanti
È fondamentale creare un ambiente prevedibile e rispettoso, evitando rimproveri o confronti razionali che possono aumentare l’agitazione.
La ricerca scientifica attuale
La ricerca sulla demenza frontotemporale è in continua evoluzione. Gli studi attuali si focalizzano su:
Biomarcatori specifici (liquor, imaging molecolare, genetica) per una diagnosi differenziale precoce
Nuove tecniche di neuroimaging per identificare i pattern tipici dell’atrofia frontotemporale
Studi genetici e molecolari per comprendere i meccanismi neurodegenerativi
Trial clinici su farmaci mirati alle proteine tau e TDP-43, coinvolte nella degenerazione neuronale
Uno degli obiettivi principali della ricerca è arrivare a diagnosi sempre più precoci e precise, per poter intervenire prima che la degenerazione sia avanzata.
La demenza frontotemporale è una condizione complessa, ancora poco conosciuta, che non si manifesta con la perdita di memoria, ma con cambiamenti profondi nel comportamento, nella personalità e nel linguaggio.
Riconoscerla precocemente è fondamentale per aiutare le famiglie a comprendere cosa sta accadendo e per attivare un percorso di cura adeguato.
Dietro ogni comportamento “strano” c’è un cervello che cambia — e famiglie che hanno bisogno di essere sostenute, non giudicate.
Riferimenti scientifici
Bang, J., Spina, S., & Miller, B. L. (2015). Frontotemporal dementia. The Lancet, 386(10004), 1672–1682
Rascovsky, K. et al. (2011). Sensitivity of revised diagnostic criteria for the behavioural variant of frontotemporal dementia. Brain, 134(9), 2456–2477
Piguet, O., Hornberger, M., Mioshi, E., & Hodges, J. R. (2011). Behavioural-variant frontotemporal dementia: diagnosis, clinical staging, and management. The Lancet Neurology, 10(2), 162–172
Greaves, C. V., & Rohrer, J. D. (2019). Frontotemporal dementia: recent advances and current controversies. F1000Research, 8, F1000 Faculty Rev-1959
Associazione Italiana per le Demenze (AID). (2022). Linee guida per la diagnosi della demenza frontotemporale
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