Il linguaggio emotivo nell’Alzheimer: quando le parole finiscono, la comunicazione continua

Quando il linguaggio verbale si riduce a causa dell’Alzheimer, non significa che la comunicazione si interrompa. Cambia forma. Si sposta su un piano più sottile, più profondo. Diventa linguaggio emotivo.

Questo fenomeno è noto in neuroscienze come emotional signaling: segnali emotivi che precedono e vanno oltre le parole. Anche se le aree del linguaggio si deteriorano, il cervello emotivo resta attivo più a lungo, permettendo alla persona di comunicare ancora.

Come? Attraverso la comunicazione non verbale, fatta di:

  • qualità dello sguardo

  • tono della voce, anche minimo

  • ritmo dei movimenti

  • micro-espressioni del volto

  • distanza fisica scelta

  • gesti: cosa tocca, evita o afferra

Questi segnali emotivi nella demenza spesso vengono ignorati perché non somigliano alla comunicazione “di prima”. Ma sono pieni di significato.

La sintonizzazione emotiva: leggere oltre le parole

In psicologia della demenza si parla di attunement, cioè la capacità di sintonizzarsi emotivamente: non capire cosa dice, ma capire come si sente.

Un caregiver formato riesce a cogliere segnali invisibili agli occhi di molti: una mano tesa può essere una richiesta di sicurezza; uno sguardo fisso, la ricerca di stabilità; un gesto ripetitivo, un tentativo di autoregolazione.

Imparare a leggere il linguaggio emotivo dell’Alzheimer significa riconoscere che la persona comunica ancora. Non ha perso la capacità di sentire, ma solo quella di trasformare in parole ciò che prova.

La relazione come ponte

Non possiamo restituire le parole a chi le ha perse. Ma possiamo restituire un senso di connessione, presenza, sicurezza. E questo fa la differenza.

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